La storia di Paolino Carnevale e di sua moglie Quaremma

quaremma

NELLA TRADIZIONE SALENTINA IL CARNEVALE, E’ STATO SEMPRE VISSUTO COME UN PERIODO MISTICO DEDITO AL VIZIO E ALLA PERDIZIONE, PROTAGONISTA  DELLA STORIA PROPRIO CARNEVALE  E SUA  MOGLIE QUAREMMA (QUARESIMA)….

PAULINU CARNIALI E LA QUAREMMA
[Paolino Carnevale e la Quaresima]

Viveva un tempo, in un paesino del Salento, un ricco possidente. Rimasto vedovo con un figlio in tenera età, che poi aveva tirato su alla meno peggio fino agli anni giovanili, si rese conto a un certo punto di aver completamente fallito nel ruolo di padre. Era stato troppo tenero, non si era saputo imporre, si era lasciato prendere la mano dal ragazzo che, in pratica, era cresciuto tra ozi e vizi, senza aver mai lavorato e mai dato il giusto valore al denaro.
Il padre, benché volesse tanto bene a Paulinu (era questo il nome del suo unico figlio), ritenne di dover prendere qualche drastica misura nei suoi confronti, nella speranza di un miglioramento. E cosí un giorno lo chiamò a sé e gli disse:
« Figlio mio, dacché sei nato, non hai conosciuto nient’altro che agi e divertimenti. Ora sei grande e spero non sia troppo tardi per insegnarti a vivere ».
« Perché dici questo, padre? ».
«Perché, mio caro Paulinu, è tempo che tu defechi col tuo deretano! ».
« Oh, padre, mi fai ridere quanto dici. Finora con quale deretano ho defecato? ».
« Con il mio, e questo è il punto! ma d’ora in avanti dovrai riconoscere il giusto valore delle cose. Non ti lamenterai piú del pane, quando non lo consumerai fresco e fragrante; ti basterà che sia meno duro dei calli delle tue mani. Capirai che non è tutto oro quello che riluce, e io potrò morire in pace, se imparerai che la zucca si cuoce con la sua stessa acqua », disse saggiamente il genitore.
« Oh padre, parli difficile quest’oggi. Io vado a bighellonare un po’ in paese », rispose noncurante Paulinu.
« Eh no! », sentenziò il padre. « Tu andrai a bighellonare per il mondo: da oggi ti nutrirai del tuo lavoro, perché porrò una maschera davanti alla tua faccia e davanti al mio cuore, affinché, rivedendoti, non ti riconosca come mio figlio! ».
« Padre, se cosí vorrai, cosí sarà, stanne certo… », disse Paulinu, continuando a mantenere la sua aria spavalda.
E fu cosí che se ne andò per il mondo, col suo fare sempre allegro, vivace e spensierato. Tentò mille mestieri, ma non ne imparò nessuno; infine, fece cadere ai suoi piedi la buona Quaremma [Quaresima], una ragazza taciturna e triste, seria e tranquilla, tutto il contrario di lui, insomma.
Quaremma era figlia del padrone di una osteria.
Sposata la giovane, Paulinu Carniali [Carnevale] iniziò a scialacquare i denari del suocero che, per amore della figlia, taceva e ingoiava veleno.
Il padre di Paulinu, nonostante le rigide misure per tenere a freno il figlio, quando fu in punto di morte, gli perdonò ogni cosa, lasciandolo padrone d’ogni avere.
Paulinu prese possesso dell’eredità nel giorno della Santa Candelora e iniziò a sperperare i suoi denari senza alcun ritegno, dandosi alla pazza gioia, provando ogni vizio e perversità. Organizzò festini tutte le sere con danze e divertimenti che duravano fino all’alba e non era raro il caso che con i suoi scellerati amici scorrazzasse per le vie del paese, vestito di stracci e maschere spaventevoli, per mettere paura specialmente alle povere donne che si ritiravano dalla chiesa dopo il rosario del vespro. Ben presto, però, contro questi scavezzacolli, denominati masçi, i paesani, stanchi delle loro stravaganze e sovercherie, una sera organizzarono una spedizione punitiva.
Tesero loro un agguato nei pressi di un’osteria, e giú botte da orbi, armati di mazze e forconi, scope e catene. Molti di quei masçi riuscirono a fuggire e, abbandonati i travestimenti, si confusero con la gente comune. Non fu cosí per Paulinu, che, circondato da quegli uomini imbestialiti, le prese di santa ragione; aveva perduto, infatti, l’agilità fisica di un tempo, era divenuto lento di riflessi e flaccido e grasso per la vita condotta nell’ozio e nel vizio e non era riuscito a scappare come i suoi compagni. Quando lo riconobbero, perché gli era caduta la maschera dal volto, provarono compassione per quella disgraziata di sua moglie, Quaremma, e lo condussero da lei, piú morto che vivo.
Paulinu spirò la notte, prima delle Ceneri. Quaremma, nonostante tutto, lo pianse per quaranta giorni, digiunando e pregando fino a consumarsi per il dolore e i sacrifici.
Non di rado la si vedeva passare vestita di nero per le vie del paese, ammantata nel suo ampio scialle nero. Non molto dopo, anche lei morí.
Ancora oggi, in ricordo della vedova di Paulinu, che per tutto il periodo della Quaresima pianse il marito digiunando e pregando, si usa appendere, sulla volta degli archi di antiche corti in alcuni paesi del Salento, l’immagine di una vecchietta fatta di stracci neri e paglia. Tra le mani ha il fuso e la conocchia, simbolo della laboriosità, ai piedi ha una grossa arancia, nella quale sono conficcate 7 piume, una per ogni settimana di astinenza e sacrificio che precede la Pasqua, giorno in cui il simulacro di Quaremma viene bruciato, affinché il fuoco purificchi e disperda i suoi dolori e quelli di tutto il mondo.

(Fonte: Antonio Nahi)

Maria De Giovanni

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